Il Web ci rende liberi? Gianni Riotta e la dialettica della rivoluzione digitale

Il Web ci rende liberi? è l’ultimo saggio scritto dal professor Gianni Riotta, che s’interroga sulla domanda che dà il titolo al libro e prova a fornire una risposta soddisfacente.

La copertina del libro "Il Web ci rende liberi?" di Gianni Riotta, pubblicato da Einaudi
"Il Web ci rende liberi?" di Gianni Riotta, pubblicato da Einaudi

Il Web ci rende liberi? è l’ultimo saggio scritto dal professor Gianni Riotta, che s’interroga sulla domanda che dà il titolo al libro e prova a fornire una risposta soddisfacente. È un’analisi brillante e coinvolgente, in cui Riotta considera tutte le categorie della cosiddetta 'Rivoluzione Digitale' con rigore e lucidità intellettuale, senza pregiudizi o affrettate posizioni di parte. Solo nell’ultimo capitolo, infatti, l’autore rivela la sua posizione e spiega perché non si è schierato con le teorie analizzate nel corso della trattazione.

Pur non rivelando da subito la sua posizione, il saggio non è freddo o impersonale, ma è caratterizzato dalle esperienze autobiografiche dell’autore, che costituiscono la base degli argomenti trattati. Riotta, infatti, scrive spesso di come ha vissuto le novità nel campo delle tecnologie della comunicazione, rivela le prime impressioni, perplessità e sogni sul futuro di questi nuovi strumenti. In questo modo coinvolge emotivamente il lettore, che percepisce come la Rivoluzione Digitale abbia influito realmente sugli individui.

‘Individuo’ è una delle parole chiave del libro. Più volte l’autore sottolinea il passaggio dal secolo delle Masse, il Novecento, al secolo dell’Individuo, della Persona: il 'secolo Personal'. Proprio dall’individuo bisogna partire per intraprendere il percorso di comprensione del Web. Scrive Riotta: “Dobbiamo guardare a noi, gli artefici e artigiani della tecnologia, prima che al software e all’hardware”.

Gianni Riotta al Festival Internazionale del Giornalismo
Foto di International Journalism Festival

Riotta mette in evidenza la somiglianza delle reazioni umane ogni volta che viene immesso sul mercato un nuovo strumento tecnologico. In un primo momento si travasano vecchi contenuti nei nuovi strumenti, ma non avviene la rivoluzione. In questa fase ogni previsione sul futuro delle nuove tecnologie risulta sempre errata. L’autore porta come esempio la stampa a caratteri mobili di Gutenberg: finché si stampa la Bibbia in latino, nulla di eccezionale. La vera rivoluzione avviene nella fase successiva, quando si comincia a stampare la Bibbia in volgare, sull’onda della Riforma Protestante. “Senza contenuti rivoluzionari la sola tecnologia non scatena svolte nella storia”, scrive l’autore.

Riotta non considera le innovazioni digitali solo nella sfera della vita quotidiana, ma anche nella politica e nelle rivolte sociali come la Primavera Araba, di cui confuta il ruolo chiave assegnato a Twitter. L’autore scrive che nelle elezioni del Presidente degli Stati Uniti, il team di Obama ha saputo utilizzare molto bene i new media, riuscendo a sconfiggere l’avversario Romney. I loro dibattiti politici sono stati seguiti da migliaia di persone sui social network, episodio analogo a quanto successo per il dibattito televisivo di Bersani e Renzi o per la 'corrida tv' tra Berlusconi e Santoro. È altresì fondamentale, spiega Riotta, la 'convergenza Old-New Media'. L’autore scrive: “I new media sono enzima che in contatto con la potenza dei media tradizionali, dai giornali alla tv, li trasforma, insieme all’opinione pubblica, in modo radicale”.

Mi ha colpito particolarmente il capitolo in cui si parla del 'Computer Scrittore', in grado di comporre una poesia o di redigere un romanzo traendo parole dal Web secondo un certo algoritmo. Trovo difficile l’idea di ascoltare la 'Voce del Computer', perché, come fa notare Riotta, “se un robot ‘compone poesie’ dovremo riconoscergli qualità umane”. Un’altra trattazione interessante riguarda la tecnica della manifattura digitale con le stampanti 3D, che lentamente sta attuando un’opera di deindustrializzazione: dall’industria di massa alla 'produzione personal'.

Gianni Riotta presenta "Il Web ci rende liberi" con Calabresi al Salone del Libro di Torino
Gianni Riotta presenta "Il Web ci rende liberi?" con Mario Calabresi al Salone del Libro di Torino

Come considerare, quindi, il Web? Al XXVI Salone Internazionale del Libro di Torino, Riotta ha proposto la metafora della piazza di paese: se tutti girano con un coltello in tasca, c’è violenza, se tutti girano con una chitarra, si canta e si suona. L’autore scrive che “siamo noi, padri e madri e figli e figlie, l’umanità decisiva perché online il Buio non prevalga sulla Luce”. Per riuscirci, però, c’è bisogno di un’adeguata educazione digitale.

Un punto critico è come utilizzare l’enorme quantità di informazioni che fornisce il Web. Al Salone del Libro, Riotta ha spiegato che è un lavoro che deve fare la famiglia, ma soprattutto la scuola: non si tratta di usare, ad esempio, la lavagna elettronica, ma i docenti “devono insegnare un metodo critico per usare il digitale”. Nel libro scrive che “non bastano i dati […], servono anche giudizio, filtro, analisi, commento”.

Un aspetto che ho apprezzato molto di questo libro è l’utilizzo saggio e ragionato delle citazioni di opere letterarie e filosofiche, classiche e moderne: dalla tragedia greca al romanzo cavalleresco, da Socrate a Seneca, da Leibniz a Hegel, da Pirandello a Calvino e Vittorini. È piacevole l’intarsio letterario con cui l'autore decora la trattazione, a volte esplicito, altre latente. Riotta è perfettamente padrone di questo lavoro di abbellimento, per niente barocco, ma stimola il lettore appassionato alla ricerca e alla connessione di temi del mondo classico e moderno con quelli dell’era digitale. È quanto accaduto a me.

La frase che conclude l’ultimo lavoro di Riotta, in particolare, ha prodotto nella mia mente infinite immagini e concetti, agendo come l’Aleph di cui parla Borges nell’omonimo libro: “uno dei punti dello spazio che contengono tutti i punti”. Riotta scrive: “Perché i filosofi hanno finora solo diversamente interpretato il web, internet e la cultura digitale: si tratta ora di cambiarli.” È chiaramente un adattamento per il Web della celebre frase di Karl Marx, che costituisce l’undicesima delle Tesi su Feurbach: “I filosofi hanno solo interpretato il mondo in modi diversi; si tratta però di mutarlo.”

Marx considera il mondo come un insieme di risorse a disposizione, pronte per essere trasformate dall’uomo. Il mondo digitale può essere considerato allo stesso modo. L’uomo, ‘animal toolmaking’ come direbbe Marx, costruendo i propri ‘attrezzi concettuali’ deve essere in grado di utilizzare nel modo giusto il Web. È nostro il compito di rendere il Web uno strumento positivo, di dargli una forma utile e indirizzarlo verso la giusta strada. “Il Web è il nostro specchio”, ha dichiarato Riotta al Salone del Libro.

La Rivoluzione Digitale è un vento che spira trascinandoci irresistibilmente verso il futuro. Alcuni ne sono terrorizzati, altri la osannano, ma essere troppo manichei non aiuta ad affrontare il progresso. Un buon punto di partenza per la comprensione di questo fenomeno? Il libro di Gianni Riotta: “Il Web ci rende liberi?”.

Scritto per: La Libertà nel Digitale